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Giro d’Italia 2013 - Miracoli del Galibier e altre storie (Sprinter)


1. Nibali, il nuove re. Il modo in cui Vincenzo Nibali ha corso e vinto il Giro è da manuale. Alla seconda tappa, si è difeso con tutta l’Astana nella cronosquadre di Ischia. Poi, ha sparato un solo colpo – pur rischiando molto – nella tappa di Pescara, dove ne ha fatte le spese Wiggins. A Saltara, una crono eccellente ha portato in dote la maglia rosa.
Dopo il primo giorno di riposo, ha fatto sfoggio di tutto il suo repertorio: all’Altopiano del Montasio lo hanno isolato, e lui ha lasciato andare Uran, non ancora pericoloso in classifica. A Bardonecchia sarebbe stato il più forte e avrebbe potuto arrivare da solo, ma ha concesso la vittoria di tappa a Santambrogio, conquistando l’allenaza della Vini Fantini. Lo stesso è accaduto sul Galibier nei confronti di Visconti e della sua Movistar. Ha chiuso i conti nella cronoscalata della Polsa. Alle Tre Cime di Lavaredo, nella bufera, arrivando da solo in maglia rosa, ha messo ben in chiaro che, se ci fossero state più montagne, sarebbero cambiati solo i distacchi in classifica.
Oggi è il miglior corridore in circolazione nelle corse a tappe: al Giro, Wiggins si è ammalato e ritirato quando era già ampiamente battuto. Alla Tirreno-Adriatico ha vinto davanti a Froome e Contador, dimostrandosi più forte e completo di entrambi.

Di Enzo, ho sempre apprezzato il coraggio e l’intelligenza sopraffina. Adesso che la testa è segiota fino in fondo dalle gambe, dobbiamo toglierci il cappello.

2. Sky: Wiggins flop e la “questione colombiana”. Il grande sconfitto della corsa rosa, quello che – tanto per capirci – ne è uscito con le ossa rotta, è senza dubbio Bradley Wiggins. Il baronetto giallo è partito con una buona cronosquadre ad Ischia, ma già dopo due giorni a Serra San Bruno ha lasciato 17” in modo essenzialmente gratuito. D’accordo che sono dipesi da un “buco”, ma lui era certamente nelle retrovie quando avrebbe dovuto essere davanti, e per giunta al termine di una salita assolutamente facile e del conseguente falsopiano. Con i migliori, c’erano invece i due colombiani Uran ed Henao i quali, fregandosene del capo, hanno fatto la loro corsa fin da subito.
A Pescara, era letteralmente fermo in discesa, assolutamente terrificato dal bagnato, dopo una caduta. Stavolta i colombiani lo hanno atteso insieme al resto della squadra, forse anche per evitare un vero e proprio caso all’interno della Sky (fortuna loro che quel minuto e mezzo lasciato da per strada Uran, alla fine, sia risultato ininfluente ai fini del secondo posto). A Firenze, ancora una discesa , ma gli avversari hanno avuto pietà e la squadra ha ricucito.
Ha fatto in tempo a staccarsi ancora al Montasio, dando via libera ad Uran. Quindi, a Treviso, un mesto ritiro a Giro ormai compromesso.
Inferiore a Nibali, fisicamente e psicologicamente, in ogni singolo frangente. Il Giro non fa per lui, e l’età non rema dalla sua parte (33 anni). Ad ogni modo, ha detto che tornerà per la rivincita: vedremo.

3. Cavendish, chapeau! Il miglior Cavendish di sempre è quello che abbiamo visto nelle tre settimane di maggio. Ha portato a casa cinque tappe, battendo tutti i velocisti migliori. I nostri Viviani, Nizzolo e Modolo – comunque bravissimi – ci hanno provato a turno, in tutti i modi, ma senza esito. Anche se l’Omega Pharma ha commesso qualche errore nel preparagli il terreno, lui ha sempre raddrizzatto – eccome! – la situazione. Il suo terreno è la velocità pura, non si faccia ossessioni su Sanremo e mondiali (pealtro, già vinti).

4. Il senso di Scinto per i talenti e la vicenda Santambrogio. Questo pezzo era nato in modo diverso. Le vicende degli ultimi giorni hanno imposto una revisione. Era nato tessendo le lodi di Luca Scinto e del suo staff alla Vini Fantini. Il ds pisano, una che conosce il mestiere – negli anni ha scoperto talenti (Guardini, Rabottini) ma soprattutto ha recuperato corridori in crisi di identità (Visconti, Gatto, Pozzato). Nella seconda categoria, fino a pochi giorni fa, rientravano anche Mauro Santambrogio e Danilo Di Luca, ma
Non tanto per la positività di Danilo Di Luca, che era comunque stato buon protagonista e aveva dato una generosa mano al proprio capitano Santambrogio sulle montagne, fino all’epilogo grottesco e anche ridicolo di Ponte di Legno. Purtroppo, storie di uomini che si ostinano a non accettare il trascorrere del tempo ed il cambio delle stagioni se ne trovano anche al di fuori del ciclismo.
Piuttosto, è molto dolorosa la storia di Maura Santambrogio. La cronaca parlava soprattutto di una sua svolta, da onesto comprimario a possibile pezzo da novanta dell’Italbici, vincitore a Bardonecchia, e poi fisiologicamente (fisiologicamente!) calato nel finale, finendo comunque nei primi dieci della classifica finale. Finché ad inizio giugno, se ne scopre la positività all’EPO.
Non è questa la sede per addentrarsi in tortuose analisi della psiche e severi giudizi morali. Vorrei solo far notare che ragazzo si farà i due anni di squalifica e dopo potrà tornare a correre. L’intera Vini Fantini – Selle Italia, però, rischia seriamente di chiudere i battenti a fine stagione: così avremmo un’altra squadra italiana che scompare dal panorama professionistico e quaranta persone con il serio rischio di perdere il posto di lavoro.

5. Enrico Battaglin, il talento ritrovato: dopo la vittoria alla Coppa Placci del 2012, lo ricordavamo terzo al Gran Premio di Lugano nel 2012. Dopo, se ne erano perse le tracce. Alcuni recenti piazzamenti, però, facevano pensare ad un imminente ritorno a certi livelli. Ebbene, a Serra San Bruno, il veneziano stravince una volata in leggera salita e sul pavè, a Pescara arriva secondo dietro il fuggitivo Belkov al termine di una tappa per corridori veri. Ricordiamo che, da dilettante, spesso la spuntava su un certo Moreno Moser. Forese è stata la più bella sorpresa di questo Giro.

6. Visconti e i miracoli del Galibier: la tappa che doveva arrivare quasi alla sommità del Col du Galibier viene accorciata di 4 km per problemi di neve, e si arriva un po’ sotto, ai 2.301 m. de Les Granges du Galibier. Davanti al monumento Pantani. Vince Giovanni Visconti, che partecipava alla fuga nata sul Moncenisio.
Visconti porta l’orecchino lobo sinistro; è nato il 13 gennaio, lo stesso giorno del Pirata (anche se del 1983, mentre Marco nel 1970); l’anno scorso si era ritirato dal Giro per non meglio precisati “problemi psicologici”, che lo hanno reso invisibile per il resto del 2012 e nell’inizio del 2013. Per chi ci crede, questi sono miracoli. Per chi non ci crede, sono miracoli lo stesso, anche se soltanto sportivi. Perché Giovannino, che tanto aveva provato a vincere al Giro negli anni scorsi e non c’era mai riuscito, prendo consapevolezza dei propri mezzi ed entra in una nuova dimensione sportiva. E, dal punto di vista tecnico, vince un’altra tappa, la Caravaggio-Vicenza, in modo ancora più convincente, scattando in salita a 20 km dall’arrivo, e resistendo ai migliori che gli danno la caccia da dietro.

7. Un pubblico spettacolare: gli osservatori dicono che un pubblico così numeroso, su queste strade, non si vedeva da lustri. Gli appassionati hanno sfidato la pioggia, il freddo, la neve e il rischio di annullamento delle tappe, si sono fatti scivolare addosso la vicenda Di Luca, si sono mostrati calorosi con il gruppo (a volte fino all’eccesso, vedi Nibali a Lavaredo). Insomma, uno spettacolo nello spettacolo.

9. Organizzazione al top: bravissimi gli organizzatori a tutelare i corridori garantendo lo svolgimento delle tappe di Bardonecchia e del Galibier, annullando la tappa di Val Martello e ridisegnando la tappa di Lavaredo. Non era semplice ma ci sono riusciti.

10. Ciao Garzelli: allo scoccare dei quarant’anni, dopo una carriera di tutto rispetto, anche per Stefano Garzelli è arrivato il momento di appendere la bici al chiodo.

Con lui, se ne va l’ultimo pezzo di quella grande squadra che fu la Mercatone Uno di fine millennio.
Giro d’Italia 2013 - Miracoli del Galibier e altre storie (Sprinter) Reviewed by ciclismonelcuore on 11:46 Rating: 5
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