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Sprinter: Giro d’Italia 2014 - Omaggio a Pantani


Giro d’Italia 2014 - Omaggio a Pantani

A stagione 2013 non ancora chiusa (mancavano alcune belle classiche italiane, le corse cinesi non le consideriamo neppure…), con l’eco dell’ultimo Giro di Lombardia ancora nelle orecchie, la RCS terremotata da scandali e danari spariti presentava il Giro d’Italia che verrà. Un Giro duro ma equilibrato, aperto a molte soluzioni.

Come ormai consueto negli anni pari, la partenza è dall’estero. Questa volta tocca alla verde Irlanda. Quello che i francesi chiamano nella loro lingua Grand Départ, noi lo chiamiamo in una lingua straniera Big Start: in soldoni, trattasi di tre tappe tra Irlanda del Nord ed Eire.

Si parte insolitamente di venerdì, nel riottoso Ulster britannico, con una cronometro a squadre di 21 km intorno a Belfast. La pedana del via è ai piedi del memoriale del mitico Titanic, in barba a qualsiasi scaramanzia. Si prosegue con la Belfast-Belfast e poi, valicando la frontiera con l’Eire, la Armagh-Dublino. Queste ultime due tappe non presentano difficoltà altimetriche ma si snodano lungo la costa del Mare del Nord, con il costante rischio di ventagli e, per qualcuno, il rischio di compromettere la classifica prima di arrivare in Italia.

Nel primo lunedì di riposo – autorizzato dall’UCI in via straordinaria – maxi-trasferimento nella nostrana Puglia. La Giovinazzo-Bari non presenta difficoltà altimetriche e termina con un circuito cittadino nel capoluogo pugliese da ripetere nove volte, chiamando in azione i velocisti presenti.

Quindi la Taranto-Viggiano, con le prime insidie altimetriche del Giro. Niente di particolare: due salite di media lunghezza ma non difficili fanno da antipasto all’arrivo posto al termine di 6 km di salita, anch’essi pedalabili, nel paesello lucano di Viggiano. Vittoria alla portata di chi tiene benino in salita ed è dotato di uno spiccato spunto veloce (Ulissi, per esempio, ma anche un velocista atipico come Ventoso).

Quando la corsa parte dall’estero, la regola è che a farne le spese è una parte consistente del Sud Italia (per non parlare delle isole). Non si sfugge alla consuetudine neppure questa volta, in quanto la sesta tappa da Sassano a Montecassino percorre la costa salernitana e sale verso il frusinate, fino a Cassino. Da qui, una salita di 6,5 km porta all’Abbazia di Montecassino, settant’anni dopo la drammatica distruzione avvenuta nella seconda guerra mondiale, a causa di un massiccio bombardamento degli americani, che ne finanziarono poi la ricostruzione.

Settima tappa mossa, ma tutto sommato per sprinter, da Frosinone a Foligno. Quindi, gli Appennini. L’ottava tappa celebra Lui, il mito moderno: Marco Pantani. La Foligno-Montecopiolo si snoda lungo Umbria e Marche, poi entra in Romagna per affrontare il Monte Carpegna, là dove il Pirata – senza cardiofrequenzimetro e altre diavolerie moderne – ascoltava il suo corpo e preparava la gamba in vista delle grandi sfide.

La fatica numero nove inizia invece dopo 112 km di inno alla pianura, da Lugo a Faenza, tra la Via Emilia e il west… Poi, dopo le salite di Sant’Antonio e Rocchetta Sandri, l’ascesa verso Sestola, stazione sciistica dell’Appenino Tosco-Emiliano vedrà un finale abbastanza impegnativo da creare distacchi tra gli uomini di classifica, seppur circoscritti in poche manciate di secondi. Di nuovo in scena gli sprinter nella Modena-Salsomaggiore, mentre la Collecchio-Savona si presta alla fantasia e ai colpi di mano: si parte dalla provincia di Parma, scollettando le ultime rampe degli Appennini sul Passo Cento Croci, quindi si arriva sul mar Ligure andando dalla Riviera di Ponente a quella di Levante, fino a Savona. Da lì, si rientra all’interno e si salgono le rampe del Naso di Gatto, una salita di 9 km non proprio banali. Una volta scollinati, da Altare si torna a Savona per decretare il vincitore di giornata.

Quindi, giovedì 22 maggio, ecco la crono dei vini, da Barbaresco a Barolo piatta per 35 km, più mossa nel finale. La classifica subirà un ampio cambiamento, non c’è dubbio. Di nuovo, largo ai velocisti nella Fossano-Rivarolo Canavese. Sabato 24 maggio, nuovo omaggio a Pantani nella tappa con arrivo a Oropa. Tappa tosta, con le salite di Alpe Noveis e Belmonte ad indurire le gambe dei ciclisti prima della mai banale – e molto dura – salita del Santuario dove, nel 1999, Pantani regalò un numero indimenticabile e prima ancora, nel 1993, Piotre Ugrumov fece tremare il grande Miguel Indurain. Alla domenica, ecco l’Omaggio con la “O” maiuscola: da Valdengo, attraversando la Brianza e il bergamasco, si arriva a Darfo Boario. Pochi chilometri ancora ed inizia la salita a Plan di Montecampione: una salita farncese (nel senso che è lunga 20 km e con pendenze costanti intorno all’8%) che quel 4 giugno 1998 fu teatro di una sfida epica.

Mi spiego meglio: via il cappellino ad inizio salita, Pantani scatta, Tonkov si incolla alla sua ruota. Pantani scatta, strappa, allunga, Tonkov non cede. E via con un ritmo folle, spaventoso, ma il russo di ghiaccio regge ad ogni cambio di ritmo. Allora “vediamo chi ha più paura di morire”, via l’orecchino, un allungo ancora. In quell’istante, a 1,5 km dall’arrivo, l’orecchio del Pirata percepisce un suono inequivocabile: il russo ha appena alleggerito il rapporto. L’epifania! Il Pirata insiste, dieci centimetri diventano venti, mezzo metro diventa un metro, e poi due cinque, dieci metri… il sigillo su un Giro di cui tutti abbiamo nostalgia. Dopo il giusto riposi del lunedì, la Ponte di Legno – Val Martello restituisce (speriamo!) quello che il maltempo ha tolto un anno prima. C’è poco da spiegare: i tremendi Gavia e Stelvio faranno da antipasto alla salita (inedita) dell’arrivo. Una tappa che, se corsa con il coltello tra i denti, farà enormi danni. Dopo il veloce arrivo di Vittorio Veneto, una nuova tappa alpina – la diciottesima – da Belluno al Rifugio Panarotta, salita dura e anch’essa all’esordio, che arriva dopo i passi di San Pellegrino e Redebus. La tappa 19 è la bella, dura e lunga cronoscalata da Bassano al Monte Grappa, con punte al 14%. Potrebbe essere questa la tappa decisiva del Giro, dove i distacchi si conteranno in minuti sonanti.

Infatti, al penultimo giorno di corsa, la tappa-verità dovrebbe essere quella con arrivo al Monte Zoncolan. Tappa spettacolare, dove la velocità sarà poca e la fatica molta. In realtà, è empiricamente dimostrato che, nelle altre edizioni, lo Zoncolan non ha mai fatti distacchi abissali tra gli uomini di classifica, essendo talmente dura da appiattire i valori in campo. È anche vero però che, nelle precedenti edizioni fu scalato dopo tappe mosse ma, sino a quel momento, non troppo impegnative (ricordiamo che nel 2011 fu esclusa da ultimo l’ascesa al Monte Crostis). Stavolta, invece, dipenderà molto dal piglio con cui saranno affrontate le salite precedenti del Passo del Pura (12 km con la parte centrale spesso sopra il 10%) e della Sella Razzo (lunga sì 27 km, ma più semplice, con tratti in falsopiano).

Quindi, gran finale a Trieste, dopo un circuito cittadino da ripetere 8 volte, città magnifica e grande simbolo di italianità, che incoronerà l’ultimo vincitore di tappa ma soprattutto il re della Corsa Rosa 2014.

Tirando le somma, si tratta di un giro equilibrato, che lascia spazio alla fantasia e all’interpretazione. Ancora una volta, RCS ha fatto un buonissimo lavoro. Unico appunto negativo, è totalmente tralasciata la Toscana nell’anno dei cento anni dalla nascita di Gino Bartali. Ma forse, dopo la settimana mondiale del settembre 2013, sarebbe stato pretendere troppo.
Sprinter: Giro d’Italia 2014 - Omaggio a Pantani Reviewed by ciclismonelcuore on 21:34 Rating: 5
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